Emanata la norma tecnica UNI Elementi strutturali e aspetti linguistici delle comunicazioni scritte delle organizzazioni
di Giovanni Acerboni, 17 aprile 2013
Il 14 marzo 2013 l'UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione ha emanato la norma tecnica 11482:2013 Elementi strutturali e aspetti linguistici delle comunicazioni scritte delle organizzazioni.
Il Gruppo di Lavoro
La norma è stata prodotta dal Gruppo di Lavoro Informazione tecnica (coordinato da Romano Mambelli), che fa parte della Commissione Documentazione e informazione (Presidente Giovanna Merola, vice Presidente Giovanni Michetti). Dopo aver proposto l’argomento nel settembre del 2010, sono entrato nel Gruppo di lavoro, e sono stato nominato relatore della norma (il che ha significato redigere la prima bozza e, successivamente, coordinare l’evoluzione del processo, apportare le modifiche, curarne la compatibilità con le metodologie e le scienze linguistiche).
Lo scopo e l'ambito di applicazione
Lo scopo della norma è aiutare le organizzazioni a migliorare l’efficacia della loro comunicazione interna ed esterna, a stampa e digitale, il cui volume, nei vari processi, è via via aumentato, fino a divenire a volte ingestibile o malamente gestibile. Il che rischia di produrre e di fatto produce distorsioni comunicative di varia gravità: lettura troppo veloce, comprensione approssimativa, incomprensione, smarrimento della notizia, lettura di comunicazioni inutili, rifiuto di leggere.
La norma è stata progettata come un buon punto di incontro tra le esigenze e le difficoltà di chi scrive e le esigenze e le difficoltà di chi legge, valorizzando queste ultime a beneficio di chi scrive. Dal punto di vista del destinatario, i problemi di gestione delle informazioni sono, nell’ordine: capire se quello che ha ricevuto è di suo interesse e se è urgente; capire dove si trovano i contenuti più importanti; capire subito, alla prima lettura.
La norma affronta queste questioni ma limitatamente ad alcune comunicazioni. Le comunicazioni a cui si applica la norma sono: Circolare, Codice etico e di condotta, Comunicato stampa, Lettera e e-mail, Manuale (o Guida) di prodotto o di procedura, News, Offerta commerciale, Ordine di Servizio, Parere, Position paper, Progetto, Regolamento interno, Relazione (o Report, Rapporto, Appunto, Nota informativa, Resoconto di riunione), Relazione annuale (o Annual report), Relazione per gli investitori, Rendiconto economico, sociale, ambientale o integrato, Scheda prodotto o servizio.
Queste comunicazioni possono assumere, diciamo in natura, due formati editoriali: avere l'indice, e dunque una struttura a coesione fortemente gerarchizzata, o non averlo. La norma affronta dunque le caratteristiche di entrambi i formati, cioè le caratteristiche delle comunicazioni con il sommario e quelle delle comunicazioni senza il sommario.
Le comunicazioni a cui non si applica la norma sono: leggi, atti amministrativi, documenti di prassi amministrativa, contratti, sentenze, atti notarili, tesi di laurea, pubblicazioni scientifiche, saggi, materiali didattici, articoli pubblicati in riviste, giornali, libri, messaggi pubblicitari.
Gli elementi strutturali
Per quanto quanto riguarda gli elementi strutturali, la norma definisce che cosa siano, a che cosa servano e con quali informazioni si compongano il frontespizio, l’indicazione dell’autore, il nome della comunicazione, il titolo, il sottotitolo, i riferimenti di rintracciabilità e di validità (come date e codici di identificazione), l’executive summary, il sommario (più comunemente chiamato indice), il numero di pagina, le partizioni, gli allegati, il glossario, gli indici aggiuntivi, le evidenziazioni.
Particolarmente rilevante è la definizione del titolo, o oggetto, delle comunicazioni non strutturate. Infatti, il titolo (di una e-mail, di una circolare ecc.) è ciò che dice al destinatario se la comunicazione che ha ricevuto è interessante e urgente. La norma definisce una modalità che, se condivisa, renderà i titoli assolutamente affidabili: chi si riconosce nel titolo leggerà poi la comunicazione, chi non si riconosce potrà archiviarla senza leggerla, sapendo che cosa non ha letto e sapendo di non avere perduto alcuna informazione utile.
Una seconda prescrizione di grande rilievo riguarda le partizioni dei testi non strutturati più lunghi di cinque capoversi, che devono essere ripartiti in blocchi tematici titolettati (che ho definito io stesso in Progettare e scrivere per Internet, McGraw Hill, 2005), e le eventuali note a piè di pagina, per consentire al lettore di orientarsi nel testo, prima di leggerlo, e di capire quali argomenti lo interessano, senza averlo letto per intero.
Di grande rilievo, soprattutto per razionalizzare stili molto diversi tra organizzazioni e persino all’interno di ogni organizzazione, sono anche le prescrizioni e le indicazioni relative ai criteri di evidenziazione. La norma non entra nel merito degli aspetti grafici (impaginazione, colori, sfondi, dimensione dei caratteri ecc.), ma, per quanto riguarda il formato dei caratteri, prescrive che siano il grassetto e il corsivo, e vieta l’uso del sottolineato, del tutto maiuscolo e del maiuscoletto.
Gli aspetti linguistici
Se relativamente agli elementi strutturali la norma agisce con spirito razionalizzatore, relativamente agli aspetti linguistici agisce soprattutto con spirito modernizzatore. Infatti, i linguaggi delle organizzazioni, che potremmo definire genericamente tecnico-amministrativi, condividono alcune caratteristiche, indipendentemente dall’argomento. Tali caratteristiche, pur non contraddicendo la grammatica, appartengono a un italiano vecchio, fossilizzato, inattuale, testimoniato nel presente solo, appunto, da tali comunicazioni.
La norma dunque esclude che nella sintassi siano utilizzati il participio presente con valore verbale (es. “i documenti comprovanti le spese”, “avente ad oggetto”), il futuro deontico (che esprime un obbligo: “la S.V. consegnerà i documenti entro trenta giorni”), e il ‘si’ enclitico, cioè incorporato alla fine del verbo (“conclusosi”).
La norma, poi, prende in considerazione una caratteristica diffusissima in tutte le comunicazioni delle organizzazioni, cioè il fenomeno cosiddetto della nominalizzazione. Questo fenomeno consiste nell’attribuire il significato ai nomi (e anche agli aggettivi e agli avverbi), anche quando i nomi hanno un verbo corrispondente che potrebbe esprimere ugualmente quel significato. Per esempio, parole come ‘considerazione’, ‘transito’, ‘attribuzione’ hanno un verbo corrispondente: ‘considerare’, ‘transitare’, ‘attribuire’. Se fosse possibile costruire la frase con il verbo e con il suo soggetto (chi considera? chi transita? chi attribuisce?), si otterrebbero frasi con una nominalizzazione molto ridotta, cioè con molti più verbi attivi, più frasi brevi e meno complementi indiretti, che fanno aumentare il numero delle parole e rendono più difficoltosa la comprensione. Da questo punto di vista, la norma indica in quattro il numero massimo di complementi indiretti per ogni verbo. Questa indicazione ha il vantaggio di servire a chi scrive per controllare facilmente la qualità del suo testo: basta contare i verbi e i complementi indiretti collegati al verbo. Oltre i quattro, quella frase può essere quasi sempre migliorata.
Dal punto di vista del lessico, la norma vieta l’uso di parole e locuzioni indicate come obsolete dai più recenti dizionari. Un allegato della norma contiene un elenco non esaustivo ma esemplificativo di parole e locuzioni da evitare accompagnate da suggerimenti per trovare delle alternative.
Il valore della norma
La norma è una norma volontaria, e non potrebbe essere diversamente, almeno allo stato attuale della riflessione sulla comunicazione scritta professionale. Ciò nonostante, la norma può svolgere la funzione che i vari manuali, codici di stile (generalmente prodotti dalla e per la pubblica amministrazione) hanno svolto ma fino a un certo punto, indipendentemente dalla loro esattezza.
Come tutte le norme UNI (e CE e ISO), anche questa norma ha lo scopo di aiutare le organizzazioni ad alzare il livello qualitativo delle loro attività e di raggiungere il livello che le stesse organizzazioni, partecipando alla stesura delle norma, indicano come possibile e desiderabile.
Il livello qualitativo indicato dalla norma è il frutto di una interazione molto aperta e costruttiva tra tutti coloro che hanno partecipato ai lavori, incluse le organizzazioni che hanno ‘testato’ la norma sul finire dei lavori, prima cioè che la norma entrasse nella fase di inchiesta pubblica (superata senza modifiche).
Questo livello potrà ancora essere innalzato: dipenderà molto anche dall’esperienza della norma sul campo.
Il contributo di e per L’ink Scrittura professionale
Come dicevo all’inizio (e come avevo annunciato in un ormai superato articolo), nel settembre del 2010 ho presentato al Gruppo di Lavoro il metodo che L’ink utilizza nelle sue consulenze e nella formazione sulla scrittura. Non sapevo nemmeno io che cosa ne sarebbe potuto scaturire. Ma questa incertezza durò pochissimo: al termine della riunione, il Gruppo di Lavoro decise di avviare l’istruttoria per una nuova norma e mi incaricò di redigere la prima bozza.
Essendo alla mia prima esperienza, e d’altra parte essendo il Gruppo di Lavoro espertissimo di norme soprattutto legate alla manualistica di prodotto industriale e alla terminologia, il lavoro diciamo di traduzione di un metodo in una norma è stato molto articolato. In particolare, perché una norma è una norma, e un metodo è un metodo, cioè perché non tutto quello che si insegna in contesti particolari può diventare una regola per tutti i contesti.
È stato per me di particolare soddisfazione, dunque, vedere come sia potuto diventare norma uno dei principali strumenti che L’ink mette a disposizione dei suoi clienti: il metodo per comporre il titolo. Il metodo si basa sul concetto di Informazione principale, intuita inizialmente da Francesco Bruni (Manuale di scrittura professionale, Zanichelli 1999), formalizzata poi da Tommaso Raso (La scrittura burocratica. La lingua e l’organizzazione del testo, Carocci 2005) e sviluppata successivamente da me (prima in Progettare e scrivere per Internet, poi in un saggio che spero di pubblicare presto), con il contributo di tutti coloro che hanno seguito i corsi di L’ink.
L’Informazione principale, in forza del potere discriminante dei suoi elementi, definisce l’argomento e seleziona il destinatario. Costruiti con l’Informazione principale, la grande maggioranza dei titoli avrà una lunghezza di circa 8-10 parole (80 caratteri), mai meno di 5-6 (55 caratteri) e mai più di 16 (100 caratteri). Queste misure, che la norma riporta a scopo orientativo, sono il portato dell’esperienza concreta, cioè del confronto aperto con migliaia di professionisti che hanno adottato il metodo di L’ink e hanno, appunto, contribuito a precisarne l’efficacia. Se le misure sono orientative, lo sono proprio in quanto parametro di autocorrezione, cioè servono a chi compone il titolo per avere un primo e immediato feedback della qualità. Se il titolo è troppo corto, è quasi certo che qualche elemento discriminante sia stato trascurato; se il titolo è troppo lungo, è possibile che sia stata inserita nel titolo un’informazione secondaria, oppure che un elemento discriminante sia stato formulato in modo poco conciso.
Devo però dire che anche il metodo di L’ink si è arricchito, durante questi lavori, che sono stati caratterizzati da scambi improntati alla massima lealtà intellettuale e professionale. La norma è dunque il frutto di una collaborazione davvero aperta, rara in Italia, purtroppo. Se la norma otterrà il suo scopo, sono convinto che sarà stato anche per questo.