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"Fare cose con le parole"

Il secondo decreto sulla lunghezza degli atti difensivi

di Giovanni Acerboni, 11 gennaio 2017

(questo articolo è stato pubblicato l'11 gennaio 2017 in "Il Sole24Ore - Diritto 24")

 

Il Presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno torna sulla questione della lunghezza degli atti degli avvocati amministrativisti con il decreto Disciplina dei criteri di redazione e dei limiti dimensionali dei ricorsi e degli altri atti difensivi nel processo amministrativo (1). Questo decreto, rispetto al primo sull’argomento, emanato dal presidente precedente Giorgio Giovannini il 25 maggio 2015:

La lunghezza degli atti difensivi

Penso che sia più comodo per il lettore, soprattutto se già abituato alle lunghezze stabilite dal primo decreto, confrontare in tabella le differenze principali introdotte dal secondo decreto.

Tipo di atto Primo Decreto Secondo Decreto nei riti di accesso, silenzio, decreto ingiuntivo, elettorale art. 129, ottemperanza, riti speciali Secondo Decreto nei riti ordinario, abbreviato, appalti, elettorale art. 130, ottemperanze relative
Atto introduttivo 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Ricorso incidentale 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Motivi aggiunti 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Impugnazione Primo grado 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Revocazione e opposizione di terzi contro il secondo grado 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Atto di costituzione 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Regolamento di competenza Non contemplato 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Atto di intervento 10 pagine 10.000 caratteri (circa 5 pagine) 20.000 caratteri (circa 10 pagine)
Memorie 30 pagine 30.000 caratteri (circa 15 pagine) 70.000 caratteri (circa 35 pagine)
Misure cautelari 10 pagine 10.000 caratteri (circa 5 pagine) 20.000 caratteri (circa 10 pagine)
Memorie di replica 10 pagine 10.000 caratteri (circa 5 pagine) 20.000 caratteri (circa 10 pagine)
Memorie della parte non necessaria 10 pagine Non contemplato Non contemplato
Memoria di costituzione unica relativa a un numero di ricorsi o impugnazioni superiori a due, proposti contro un atto plurimo Non contemplato Non può eccedere la somma delle singole memorie diviso due Non può eccedere la somma delle singole memorie diviso due

 

Dal computo sono esclusi gli spazi, le intestazioni e le indicazioni formali e strutturali del documento, come ad esempio:

Le deroghe possono essere proposte quando il caso è particolarmente complesso oppure quando il valore di una causa appalti è non inferiore a 50 milioni di Euro. Se la deroga viene autorizzata, l’avvocato può aumentare i caratteri:

I criteri redazionali

I principali criteri redazionali sono i seguenti:

Qualche osservazione

In occasione dell’emanazione del primo decreto, avevo qui pubblicato due articoli: La sintesi degli atti forensi e Atti forensi: massimo 30 pagine. Per legge. A questi articoli rimando per approfondire le molte questioni di carattere linguistico, che mi sembrano valere ancora. In breve, dicevo (e ribadisco) che:

In altri termini, i limiti numerici sono estrinseci alla qualità della scrittura, e tendono a comprimere le prerogative dell’avvocato e della sua argomentazione. Ma tant’è. Bisogna dunque prendere atto di una situazione semplicissima: che la giustizia non ha più i tempi di una volta e che gli avvocati devono adeguarsi e anzi rassegnarsi a scrivere diversamente.

Scrive l’avvocato Luca Marco Rasia (3): “Una situazione creata, non si può tacere, dalla categoria degli avvocati (amministrativisti) che si è fatta così inutilmente prendere la mano dagli orpelli settecenteschi delle ripetizioni e dei copia incolla da costringere i lettori (i magistrati) di quegli obbrobri a rispondere con lo stesso tono e a rincarare la dose con la mano pesante del cavillo burocratico”.

Non si può che concordare. Ma sarei più esplicito ed estenderei senza parentesi questa responsabilità anche ai civilisti, i cui ricorsi sono stati in ripetute occasioni respinti proprio per la qualità della scrittura, e ricorderei che, per par condicio, che nemmeno la scrittura delle sentenze è immune dagli stessi difetti di quella degli avvocati (4).

Scrivere diversamente, come dicevo più circostanziatamente nei due articoli precedenti, significa soprattutto dare nuova linfa all’argomentazione, dismettendo uno stile indifferenziato, che caratterizza la professione, e individuando uno stile personale, che caratterizzi il professionista.

Aggiungerei, quasi sottovoce, che sarebbe molto utile all’avvocato tornare a riflettere anche sull’argomentazione, tragicamente assente dai nostri studi. Una delle primissime cose che si scoprirebbe (nelle primissime pagine della Retorica di Aristotele) è che Premessa, Fatto, Ragionamento e Conclusioni sono gli ingredienti dell’argomentazione, non i paragrafi della struttura del testo argomentativo (che può cominciare anche con le conclusioni, perché no?). Accade invece quasi sistematicamente che negli atti forensi gli ingredienti restino separati nei rispettivi paragrafi (si noti anche che i codici di procedura, che riprendono Aristotele, non implicano necessariamente questa struttura).

Pertanto, sorprende (e spiace) che questo secondo decreto raccomandi agli avvocati di ripartire l’argomentazione in Fatto/Diritto. Il che, se è forse comodo per il giudice, è anche molto limitativo per l’avvocato, per un’argomentazione libera, personale e anche sintetica (perché questa partizione produce parecchie ripetizioni, soprattutto nella parte Diritto).

Sorprende anche il divieto di utilizzare le note a piè di pagina, che sono invece lo spazio dove confinare i numerosi rimandi a leggi, giurisprudenza, dottrina ecc. che tanto appesantiscono la lettura riducendo l’intensità argomentativa.

Il decreto presenta, però, anche diverse prescrizioni utili e sensatissime, come il divieto del copia incolla (fatal error che si ritrova, per amor di verità, anche in parecchie sentenze), l’obbligo di intitolare i paragrafi (invece di separarli con tre asterischi…), la raccomandazione di standardizzare la leggibilità del testo selezionando caratteri a bastoni (ma la dimensione a 14 punti pare eccessiva, soprattutto se continuerà a valere la consuetudine delle copie cartacee cosiddette di cortesia).

Nell’insieme, non guasterebbe una maggiore organicità e sistematicità nella trattazione dell’argomento, e un approccio alla scrittura iuxta propria principia (5), ma non si può che apprezzare l’insistenza sul tema. È un segnale positivo in diverse direzioni. In primo luogo, perché si rinnova l’attenzione sull’inscindibile legame tra lingua e diritto, discipline in se stesse in evoluzione e ormai anche in evoluzione globale. In secondo luogo, perché le tecnologie della comunicazione hanno prodotto vantaggi che si rivelano talvolta disastri, quando non le si utilizzano efficacemente (da questo punto di vista, il Processo Telematico rappresenta una grande opportunità di cambiamento, da collegare al decreto). In terzo luogo, perché una scrittura sintetica e chiara contribuisce, per quel tanto che le pertiene, a una giustizia più rapida, a tutto vantaggio dei cittadini e delle imprese, dei quali è al servizio.

Note

1) Emanato il 22 dicembre 2016, in GU n. 2, del 3 gennaio 2017.
2) Come nota l’avvocato Lorenzo Spallino, la norma è qui “difficile decifrabilità in quanto, se - come sembra - si fa riferimento agli atti o ai documenti di causa presenti nel fascicolo, il sistema non consente di creare un collegamento ipertestuale tramite la generazione di un url, ma solo di accedere al documento all’interno della consolle da parte dei soggetti autorizzati”.
3) Professione Giustizia, 5 gen. 2017.
4) Maria Vittoria Dell'Anna, In nome del popolo italiano. Linguaggio giuridico e lingua della sentenza in Italia, Roma, Bonacci, 2013.
5) Per quanto non pensata per i testi degli avvocati, delle sentenze e delle leggi, la norma UNI 11482:2013 Elementi strutturali e aspetti linguistici delle comunicazioni scritte delle organizzazioni fornisce parecchie indicazioni sull’organizzazione informativa e sullo stile linguistico di un testo professionale efficace.